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Cohousing: cos'è? Le nuove frontiere del vivere condiviso

Ispirazioni - 16 Dicembre 2019

Cohousing: cos'è? Le nuove frontiere del vivere condiviso

L’epoca che stiamo vivendo è caratterizzata da rapide e imprevedibili trasformazioni. Tutto muta velocemente, i modelli che fino a qualche tempo fa hanno regolato la società sono entrati in crisi.

Dai sistemi politici all’urbanistica, ogni settore del vivere sociale sta vivendo un cambio di direzione. Per dirla con Bauman “l'unica cosa permanente è che l'incertezza è l'unica certezza”. 

È in questo contesto “liquido” che va compreso il fenomeno del cohousing, se si vuole adoperare un’analisi in senso multidisciplinare delle nuove frontiere dell’abitare.

Ma cosa si intende esattamente per vivere condiviso? Quando si cerca di dare una definizione di un fenomeno in fieri, si finisce con il circoscriverne i confini. Cercheremo quindi di capire anche cosa non è il cohousing. Vedremo infine come è possibile vivere in spazi condivisi senza rinunciare a un alto standard qualitativo. 

Cos’è il cohousing

Le discipline che più si sono occupate di studiare il fenomeno dell’abitare condiviso sono l’architettura e la sociologia. Il cohousing risponde infatti a esigenze di carattere sia residenziale che relazionale.

Questo nuovo approccio abitativo fa la sua comparsa negli anni ‘60 nel Nord Europa e si è diffuso ben presto in contesti metropolitani a seguito di una crescente domanda di nuovi spazi residenziali. 

I cohousing, in buona sostanza, sono complessi abitativi composti da alloggi privati, in cui sono presenti anche ampi spazi e servizi comuni destinati a essere condivisi tra i residenti (orti, lavanderie, spazi di ricreazione per bambini, parcheggi, palestre ecc.). La loro peculiarità è la co-progettazione e lo spirito collaborativo. Chi decide di vivere in un cohousing partecipa attivamente alla progettazione e si impegna a costruire percorsi relazionali che migliorano il proprio e l’altrui benessere, mantenendo un equilibrio tra spazio privato e socialità. 

L’abitare collaborativo si caratterizza inoltre per: 

  • Il vicinato elettivo. I cohouser conoscono fin dall’inizio del progetto i propri vicini di casa con i quali instaurano legami solidi e duraturi. Questo è fondamentale per la creazione di un ambiente sano e sicuro, particolarmente idoneo alla crescita dei bambini e alla cura degli anziani. 
  • La sostenibilità ambientale ed economica. Fermo restando l’assoluto rispetto dei propri spazi e della privacy, l’uso condiviso di spazi e servizi permette un notevole risparmio di risorse energetiche e di denaro. Mediamente una famiglia può risparmiare tra il 10 e il 15% della propria spesa mensile. 

Un cohousing diventa davvero sostenibile se è composto da almeno 10 unità, altrimenti risulta difficile costruire un processo sociale, economico e ambientale che sia virtuoso.

Nei cohousing molto grandi, le unità vengono organizzate in “cluster”, raggruppamenti abitativi con 30-40 famiglie, i cui servizi e spazi comuni gravitano attorno a una club-house di riferimento. 

Differenze tra cohousing e coliving

Stiamo vivendo in pieno l’era della condivisione, e un po’ per moda linguistica e un po’ per motivi analitici, tutto ciò che concerne la pratica dello sharing è preceduto dal prefisso co-

Quando si parla di cohousing il termine viene spesso intercambiato con coliving. In realtà esistono tra i due approcci delle sostanziali differenze. Il presupposto che sta alla base è molto simile - quello della condivisione di spazi e servizi - ma il coliving, rispetto al cohousing,  ingloba anche la sfera lavorativa. Si dice infatti che il coliving sia la sintesi perfetta tra un coworking e un cohousing. 

In un coliving si organizzano attività sociali quali ad esempio laboratori, eventi, workshop, concerti, mercatini e altre attività similari. Mentre il cohousing, per definizione, riguarda solo la sfera abitativa e i servizi annessi.

Come vivere in spazi condivisi: il progetto Making Room

Se si vuole abbracciare lo stile dell’abitare collaborativo, bisogna dedicare massima attenzione alla progettazione degli spazi, immaginare le attività di vita quotidiana che si andranno a svolgere in essi e scegliere di conseguenza un arredamento funzionale, che sappia rispondere con facilità d’uso alle diverse esigenze dei cohouser. 

Con queste stesse premesse nel 2013 Clei ha realizzato un appartamento in scala 1:1 in occasione della mostra newyorkese Making Room, dimostrando che è possibile mantenere elevati standard qualitativi di vivibilità domestica, anche in una micro unit

Nel 2017 il concept è stato ripreso e sviluppato nella mostra “Making room: housing for changing America” al National Building Museum di Washington con l’allestimento di 3 diversi scenari, di cui uno ha riguardato una condizione molto comune delle nostre città, quella della condivisione dello spazio abitativo tra giovani studenti (roommates).

Cohousing roommates

Abbiamo così creato un habitat multifunzionale dove la classica separazione degli ambienti in zona giorno e zona notte viene a dissolversi, in favore di un open space che si adatta in modo intelligente e versatile a chi lo vive. 

Questo grazie alle nostre soluzioni trasformabili che integrano la sapienza artigianale e la tecnologia brevettata per creare ambienti funzionali e versatili da vivere. 

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